Graziella Magrini

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INTERVISTA

Che cosa pensi del tuo libro?
E’ difficile avere un’opinione neutrale del proprio libro. E’ parte di me. Spero, in ogni caso, che i miei lettori lo trovino interessante, piacevole e con diversi spunti di riflessione.
Personalmente sono una grande lettrice prima che scrittrice ed ho notato, nel corso degli anni, che dei tanti libri letti, quelli che occupano ancora i miei ricordi spesso non sono fra quelli famosi che hanno venduto un numero infinito di copie, con una trama che trascina e lascia con il fiato sospeso, libri di cui leggi una pagina dietro l’altra e fino alla  fine non riesci a smettere. Opere di questo tipo, solitamente, allietano quel momento, ma con la stessa frenesia con cui sono state sfogliate, svaniscono dai ricordi.
I libri che hanno lasciato il segno, in questi anni nel mio animo, sono stati quelli che di tanto in tanto, leggendoli, una frase, poche parole hanno fatto scaturire dalla mente ricordi, riflessioni in simbiosi con l’autore arrichendomi. E’ per questo motivo che scrivo: condividere i miei pensieri nell’auspicio di suscitarne altri in uno scambio reciproco. Il romanzo può essere il veicolo delle idee e delle emozioni tra le genti.

Come ti è venuta l’idea di questo libro?
Nel momento in cui sono partita per quest’avventura avevo stabilito alcuni punti ben delineati a cui il romanzo doveva attenersi nella sua stesura.
• Ambientazione – città di Ancona. Si può scrivere solo di ciò che si conosce e si ama. Ancona è una bella città che va scoperta, rivalutata ed ha tutte le caratteristiche per essere il teatro di un racconto avvincente.
• Spazio temporale – il passato. L’uomo nel corso della sua storia continua a commettere gli stessi errori, ad assumere gli stessi atteggiamenti e ad avere le medesime condotte. Comprendendo ciò che siamo stati, forse, riusciremo in parte a conoscerci per migliorare. Ciò che siamo è il frutto del passato ed è bene ricordarlo. Abbiamo molto da imparare dalla nostra storia, dobbiamo riflettere su ciò che grandi uomini hanno realizzato per proseguire, se possibile, il lavoro avviato, senza distruggerlo.
• Personaggi – le donne. Mi interessava scrivere un libro dove la figura femminile venisse messa in luce sotto diversi punti di vista. Tante donne, tutte diverse, tutte con una loro storia e dignità, tutte a loro modo in cerca dell’affrancazione dagli orpelli imposti dalla loro condizione.
• Le riflessioni – la vita, la morte, il destino, il sacrificio, gli ideali, la religione, il dolore. Un mio pensiero o il suo contrario se ad esprimerlo è un ‘cattivo’, ma in ogni caso un punto di partenza.
Definito l’obiettivo, ho iniziato la ricerca della base storica che meglio si adattava alle mie esigenze. Il romanzo racchiude il fulcro del pensiero ed il 1832, lo Stato Pontificio, lo sbarco delle truppe francesi, la fondazione della Giovane Italia ad Ancona ed i Sanfedisti mi sono sembrati la cornice adatta. Mi auguro di aver raggiunto un risultato accettabile.

Come hai scelto il titolo?
Quando ho iniziato il romanzo, gli ho assegnato un titolo provvisorio perché ogni creatura ha un suo nome, ma nel momento stesso in cui l’ho scelto sapevo già che non sarebbe stato quello definitivo. Circa a metà della stesura, quando la sedia ha iniziato a dondolare, ’casualmente’ mi è capitato di leggere un brano relativo alle credenze degli antichi romani sulle abitudini delle rondini. Il quell’istante ho compreso quale sarebbe stato il titolo di questa mia opera.

Cosa pensi e provi quando scrivi?
Nel momento in cui mi accingo a scrivere so già cosa devo raccontare. Una delle fasi di preparazione alla stesura, probabilmente la più complessa anche se dalla mole del risultato non si direbbe, è per me la predisposizione della trama. Un sintetico canovaccio nel quale sono tratteggiate tutte le scene in successione. Una, due frasi per ogni brano di modo che, l’intreccio abbia il suo effetto, una prosecuzione ed un termine coerenti. Quando sono davanti al computer so dove devo arrivare, ma non so esattamente il come. Mi immagino gli avvenimenti, entro il quel mondo e le mie dita semplicemente digitano sulla tastiera quello che vedo e provo. Un’esperienza unica, difficilmente narrabile che ti spinge inesorabilmente ad amare lo scrivere. E’ chiaro che, alle volte, la meta non è raggiunta nel modo corretto. Alcuni personaggi vanno per loro conto ed allora, sono costretta a rivedere la trama, ma questo non è certo un problema.

Dove hai scelto i nomi ed i caratteri dei tuoi personaggi?
Per alcuni dei miei personaggi il nome è nato in modo quasi automatico, nel momento stesso in cui sono comparsi sulla scena come ad esempio per il fattore Arturo Fornace o la contessa Caterina. Per altri, soprattutto i principali, la scelta è stata molto ponderata ed alle volte mi sono confrontata con persone a me vicino. In alcuni casi ho dovuto rispettare alcuni requisiti come ad esempio per la famiglia Altieri e Brigante Colonna i cui nomi sono stati selezionati fra quelli di famiglie estinte nella città di Ancona. Riguardo ai caratteri, essi rispecchiano ciò che i vari personaggi rappresentano e devono suscitare, viene quasi naturale definirli.

Ti rivedi nei tuoi personaggi? E chi sei?
Sicuramente io sono in tutti i miei personaggi, chi direttamente, chi il suo contrario. E’ evidente che essi riflettono in parte ciò che sono, ma se dovessi dire a quale di loro mi sento più affine direi l’Agnese della biblioteca e dell’Archivio di Stato. Per scrivere questo romanzo, ho dovuto effettuare numerose ricerche che continuano tutt’ora perché è impossibile pensare di sapere. L’Agnese che cerca, con il suo amore inspiegabile per il passato, il suo stupore nello scoprire che l’uomo in fondo non è mai cambiato e non cambierà mai, il suo rispetto per ciò che altri uomini hanno scritto, fatto e toccato mi appartiene. E da tutto questo che nasce ‘Le rondini volano alte nel cielo libere’.

Cosa ti ispira e ti ricordi sempre le tue idee?
Alle volte basta poco ad ispirarmi, un’immagine, una frase, una riflessione. Sono flash che si formano nella mente e con il tempo prendono forma, si affinano, assumono un contorno definito. Alle volte queste immagini o parole mi martellano fino a che non le materializzo su un foglio bianco. Le idee, come le parole, quando sono state vergate non sono più mie.

Scriverai altri libri?
E’ molto probabile. E’ difficile rinunciare al piacere che si prova nello scrivere: tuffarsi nell’ineguagliabile mondo della fantasia e della cultura. Una volta provate queste sensazioni è impossibile rinunciarvi. E’ come vivere mille vite arricchendosi tra le polverose pagine dei libri.

Hai bisogno di pace e quiete per scrivere?
Sono abituata a scrivere nel silenzio e nell’introspezione. Se i miei pensieri vengono interrotti faccio fatica a riavviarli nella giusta direzione. E’ per questo che, quando creo, mi chiudo nello studio, spengo il telefono e non do udienza a nessuno.

Hai dei riti prima di iniziare a scrivere?
Più che un rito lo definirei una mania. Non amo lavorare nel disordine. Quando mi accingo a scrivere nel mio studio nulla deve essere fuori posto e la grande finestra della stanza deve essere semi aperta per lasciar entrare luce, aria fresca ed ispirazione.

 

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