BRANI
La stanza era impregnata dell’odore nauseante del latte.
<<Il bagno nel brodo glielo abbiamo fatto la settimana scorsa, un brodo lungo di vitello, magro ed accuratamente sgrassato>> rispose Clotilde <<troppa acqua, sapete bene, può far male. Ed in quanto alle fasce, i bambini di qui sono avvolti così fino agli otto mesi, ben stretti per far crescere le ossa dritte e forti. È la tradizione ed in questa casa la tradizione va sempre rispettata>>.
<<Vostro marito non è angosciato per la salute della bambina? Non è qui con voi?>> domandò Agnese un po’ troppo irriguardosa.
Clotilde, che fino a quel momento aveva fissato il vuoto davanti a sé, si volse verso Agnese. Il volto giovane, dalla carnagione lattea, era luminoso, gli occhi cerulei sorrisero per un istante.
<<Dovete venire proprio da molto lontano per non conoscere le nostre usanze>> disse <<la signora madre ci ha informato di questo, altrimenti non si spiegano le vostre domande, così strane. Non so che idea vi siate fatta del conte Edoardo e di come lui si comporterà con voi. Gualtiero, suo fratello, mi ha sposato perché le nostre famiglie lo hanno deciso. Il mio dovere è figliare, soprattutto fino all‘altro ieri quando tutti credevano che Edoardo non si sarebbe mai sposato. Sono stata capace di mettere al mondo solo figlie femmine, un gran dolore per tutta la famiglia. I mariti non perdono troppo tempo con le mogli, i piaceri li vanno a trovare altrove. Il mio corpo, dopo le gravidanze, non è più quello di quando sono uscita dal collegio. Vedrete succederà anche a voi>>.
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L’Arcangelo Gabriele osservava gli uomini vestiti con tuniche bianche che pregavano. Le campane suonavano a lutto. Le luci tremolanti delle candele accese erano sempre ai piedi della grande croce e continuavano ad intorpidire la mente.
Il Gran Maestro, luce di saggezza, seduto dietro l’altare su una sedia di legno cesellato, guardava gli adepti prostrati davanti a lui. Altri iniziati erano al suo fianco. Lui non pregava. Il volto del Gran Maestro era coperto dal cappuccio. I volti degli adepti erano coperti dai cappucci. Nessuno si vedeva in volto, ma tra loro si conoscevano. Idee comuni li univano. Adoravano il Dio degli uomini. Le alte colonne si ergevano ai bordi della stanza, le loro ombre ricadevano sui presenti.
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Agnese si sedette sul letto sotto il crocifisso. Che cosa era per lei la religione? Credeva nel Dio cattolico o nel Dio del Mazzini? Per Agnese la religione era un argomento di discussione sereno. La donna era certa che, alla fine del suo cammino di vita, avrebbe trovato qualche cosa d’altro ad aspettarla. La vita andava vissuta al meglio, rispettando gli altri ed attenendosi alle regole basilari che ogni religione di questa terra predica, regole morali. L’uomo non raggiungerà mai il sapere assoluto e non riuscirà a spiegare ogni cosa di questo mondo. Il creato è immenso ed indicibile. Il dolore che opprime l’uomo non è il castigo di Dio, non può esserlo. Il dolore è solo parte della vita che, prima o poi, giunge ad un termine terreno. Dio segue i nostri passi ed anche nei momenti difficili è presente e ci aiuta a superarli. La rappresentazione della religione con i riti, le regole, i sacerdoti, le interferenze nella vita materiale, per la donna non aveva senso. La religione era qualche cosa che nasceva dentro di lei e la inondava di pace e serenità. Agnese visitava spesso le chiese cattoliche, ma non perché fosse cattolica, in quei santuari semplicemente trovava quella predisposizione d’animo per esplorare e conoscere meglio la propria anima e rigenerare il suo benessere interiore congiungendosi con l’infinito.
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Il conte Edoardo aveva tolto di mano la copia del giornale al gonfaloniere e la stava leggendo a voce sommessa.
<<In questo articolo>> il nobile indicò una colonna <<si esalta l’importanza dei giovani. Sono esclusi dall’associazione tutti coloro che hanno superato i quarant’anni d’età. Sono i giovani che devono in maggioranza far parte della setta fondata da quest’uomo. Un’idea scaltra. È evidente che sono i giovani ad avere lo spirito e l’incoscienza per cercare di capovolgere l’ordine costituito. Ogni rivoluzione è nata dai giovani. Dovremo combattere con le loro stesse armi. I giovani dovranno rimanere succubi dei padri. E’ necessario svilire le loro idee e le loro persone. Indebolire le nuove generazioni ci permetterà di lasciare immutata l’eredità dei nostri avi. Mai perdere la sapienza del passato. Combatteremo con le stesse armi: loro gli articoli del Mazzini e noi gli scritti del conte Monaldo Leopardi>>. …
<<Solo affievolendo il pensiero e l’irruenza dei giovani riusciremo a lasciare tutto immutato. Sono i giovani che cambiano la storia perché non danno il giusto valore al tempo ed alla vita. L’inesperienza è il loro punto debole. Il Mazzini ha visto giusto. Dobbiamo fermarlo. La stampa clandestina va impastoiata e perseguitata. Occorre mettere un freno all’istruzione. Solo i padri gesuiti o i preti devono poter insegnare nelle scuole. Occorre esautorare i professori più attivi e non devoti al Santo Padre. Dobbiamo limitare le giovani menti convogliandole a nostro piacimento, ed ingabbiarle>>.
Il conte Edoardo rimase silenzioso.
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Due gelsi si stagliavano alti ai fianchi di un cancello di legno chiuso con un’asticella. Al di là, un bambino di cinque o sei anni la fissava. Grandi occhi neri incorniciati da capelli ribelli, piedi scalzi.
<<Vuoi comperare un uovo, signora?>>
Un vociare gracile, come gracile era il bambino. Agnese sorrise. Aprì il cancello ed entrò. Un piccolo cane le venne incontro scodinzolando, sul muso peli grigi ricoprivano occhi ormai vecchi. Il cane non abbaiava, gironzolava attorno alla contessa, festoso. Piccole zampe si posarono sul bell’abito, il cane voleva una carezza. Agnese non amava troppo gli animali, non sapeva mai cosa aspettarsi da loro, ma quel cane e quel bambino l’attrassero ed avanzò con passo certo verso l’interno del cortile.
Altri bambini, di diverse età, stavano giocando nell’aia, anche loro con visi sporchi e senza scarpe. La casa che le si presentò davanti era misera e cadente. Le mura avevano perso parte dell’intonaco ed i gradini della scala esterna erano rotti. Sotto la scala che portava al piano superiore, uno steccato semiaperto lasciava intravedere la stalla vuota. Una giovane donna le si avvicinò. La contadina portava sulla testa, in equilibrio, una brocca d’acqua, un’altra brocca era appoggiata al fianco e nella mano teneva un cappello di paglia a falde larghe. L’abito che indossava era logoro, di cotone rosso a strisce azzurre. Intorno alla gola ed alle spalle, indossava un fazzoletto.
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